«La questione relativa a Quota 100 è stata oggetto di un mio intervento al tavolo con il ministro Di Maio, da cui ho ricevuto una risposta stizzita»: lo racconta il presidente di Smi, Marino Vago. E a chi gli fa notare che i Navigator potrebbero trovare gli addetti che servono alla moda risponde laconico: «speriamo».
In realtà è evidente che non potrà certo essere il meccanismo, oltretutto ancora da verificare, del reddito di cittadinanza a garantire una quota adeguata di personale ad un settore come quello della moda che ha bisogno di occupati stabili e, soprattutto, qualificati. I numeri di per sé sono impietosi: con Quota 100, in cinque anni andranno in pensione 47.000 addetti del settore mentre solo 10.000 neodiplomati usciranno dalle scuole professionali. Un ‘buco’ che l’introduzione di Quota 100 aggraverà, diventando una vera e propria emergenza. Potrebbero mancare tintori, tessitori, operai e tecnici. La stima è di Sistema Moda Italia, la federazione che raggruppa 50.000 aziende di tessile e abbigliamento, parte delle 67.000 imprese di Confindustria Moda.
Il 2018 è partito male e si attendono gli effetti negativi delle crisi sui mercati internazionali
E dopo la presentazione del Def, con la previsione di un aumento del Pil che non potrà essere superiore ad un già ottimistico +0,2%, l’allarme si fa ancora più preoccupante per un settore che di fatto è già in rallentamento.
Il 2018 si è chiuso con un aumento dei ricavi del +2,1%, ma il primo semestre dell’anno è partito male e avanza invece lo spettro di un export, tradizionalmente cardine della moda, in affanno col fatturato che dovrebbe crescere non più del +1,8%, quando il primo semestre dello scorso anno era al +2,6%. Secondo le stime di Sistema Moda il fatturato della Moda Italia crescerà nel primo semestre dell’anno solo del +1,5%, dimezzando la sua corsa rispetto allo stesso periodo 2018. E presto si faranno sentire anche i tanto temuti effetti della Brexit e dei dazi che Trump vuole imporre all’Europa.