Confindustria Moda è ‘sommersa’ da candidature di aziende pronte a produrre mascherine e camici .
Il tessile-moda Made in Italy è pronto, ed ha già iniziato, a riconvertire le proprie linee di produzione per concentrarsi sui dispositivi di protezione individuali indispensabili per combattere il Covid-19: mascherine e camici monouso innanzitutto. Non parliamo, ovviamente, delle grandi maison che hanno messo in vendita, a caro prezzo, mascherine ‘firmate’, ma di quei supporti che sono indispensabili a coloro che stanno lottando in prima fila contro il virus.
Nel decreto “Cura Italia” sono incluse disposizioni straordinarie, infatti, che autorizzano tutte le ditte che ne sia in grado alla produzione di mascherine chirurgiche. Già la scorsa settimana il gruppo tessile Miroglio di Alba aveva risposto all’appello del Presidente della Regione Piemonte e avviato la produzione di mascherine che dovrebbe, in appena due settimane, toccare i 600 mila pezzi. Anche la Artemisia, azienda tessile di Castel Goffredo, in provincia di Mantova, ha avviato la produzione di mascherine, ma senza aspettare la certificazione ufficiale dell’Istituto superiore di sanità, ma per la situazione di emergenza comunque l’iniziativa ha raccolto l’apprezzamento dei medici. La Santini di Bergamo, azienda che produce abbigliamento tecnico per il ciclismo si è spinta oltre studiando e proponendo delle mascherine lavabili e riutilizzabili che ora sono al vaglio delle autorità sanitarie per valutarne l’efficacia.
Confindustria Moda ha lanciato una campagna di raccolta delle candidature delle aziende del tessile-moda alla produzione di “tessuto non tessuto” (Tnt) idrorepellente e alla confezione di mascherine, camici, calzari ottenendo già qualche centinaio di candidature. Tra le realtà che si sono candidate c’è anche la sartoria sociale del Museo Tessile di Chieri, nel torinese. Una realtà che, complice il sostegno del Comune di Chieri che ha messo a disposizione i locali, dà lavoro alle donne del progetto “Reborn in Italy” di Amrita Kids, madri vittime della tratta di esseri umani che in Italia sono state salvate e accolte. La sartoria sociale lavora per diverse aziende dell’abbigliamento e già produce, tra l’altro, camici ospedalieri. È quindi in grado di avviare immediatamente una produzione al servizio di quanti stanno combattendo ‘nella trincea degli ospedali’ il coronavirus.