Meno grave lo stato dell’automotive ma l’elettronica di FCA è fatta nella zona rossa di Codogno
«Il tessile-abbigliamento sta sperimentando cosa vuol dire trovarsi a corto di materie prime»: lo dice Fabrizio Dallari, ordinario di Logistica alla LIUC, Università privata Cattaneo, in provincia di Varese, un punto di riferimento nazionale per la formazione universitaria in Economia Aziendale e Management e Ingegneria Gestionale.
E prosegue: «Il distretto cinese di Prato, paradossalmente, è fermo perché non ha più tessuti. Dopo questa emergenza, le aziende con più alta marginalità, in settori come moda e lusso, diversificheranno i fornitori di tessuti scegliendone alcuni anche in Europa. E sperimenteranno anche diverse modalità di trasporto, per esempio collegamenti terrestri lungo la Via della seta. E si attrezzeranno per aumentare le scorte dei componenti che richiedono più tempo tra l’ordine e la consegna. Sulle piccole imprese sono più scettico, difficilmente passata la buriana investiranno per evitare di ritrovarsi nella stessa situazione. Hanno una grande innovazione di prodotto ma non nei processi».
Per settori con catene di approvvigionamento più avanzate come l’automotive, invece, la diversificazione è già realtà: «I grandi gruppi di quel settore tendono ad avere un fornitore del Far East da cui comprano il 60-70% delle componenti e un altro più vicino, nell’Est Europa, per la parte rimanente – spiega Enzo Baglieri, professore associato della Sda Bocconi dove insegna Gestione dell’Innovazione, della Tecnologia e delle Operations – In questo frangente avranno aumentato gli ordini dal fornitore secondario”.
Fa storia a sé Fca, i cui stabilimenti rischiavano il rallentamento o lo stop a causa della carenza dei componenti elettronici prodotti “su misura” per il gruppo dalla Mta di Codogno, che ha la produzione ferma. Ieri il prefetto ha dato via libera all’ingresso nella zona rossa di un camion che ha recuperato le scorte di magazzino, dando qualche giorno di respiro.