Alla vigilia dell’esame da parte del Parlamento europeo dell’articolo 7 del “Regolamento comunitario sulla sicurezza dei prodotti destinati ai consumatori”, in programma il prossimo 16 aprile, Assocalzaturifici ha lanciato, insieme ad alcuni eurodeputati italiani, un ultimo appello per difendere l’obbligo di indicazione di origine. L’Europa è ancora l’unica tra le maggiori economie mondiali a non prevedere per legge l’etichettatura obbligatoria d’origine per le merci che circolano all’interno del proprio territorio.
Per intervenire in questa situazione, l’articolo 7 della Commissione Imco (mercato interno e protezione dei consumatori) prevede che i fabbricanti e gli importatori appongano sui loro prodotti un’indicazione del paese d’origine e, nel caso in cui le dimensioni lo consentano, anche sull’imballaggio della merce o su un documento di accompagnamento. Inoltre, il Regolamento prevede che i fabbricanti siano autorizzati a indicare il paese d’origine solo in inglese, attraverso l’indicazione ‘Made in’ accompagnata dal nome dello stato di provenienza, per renderlo comprensibile ai consumatori.
Assocalzaturifici chiede all’Unione europea di considerare l’approvazione dell’articolo 7 del Regolamento una priorità anche “alla luce delle grandi ambizioni della Commissione europea di portare al 20% il valore dell’industria manifatturiera rispetto al Pil”.
‘Made in’ per le scarpe: il nome del produttore non dice il luogo di produzione
L’iniziativa avviata da Assocalzaturifici è fondamentale anche per la tutela del consumatore, come spiega Lara Comi, componente della Commissione Imco: «Il nostro obiettivo è la tutela del consumatore a 360 gradi, vogliamo informare per lasciare il consumatore libero nella sua scelta. La tracciabilità deve diventare uno strumento che agevoli le imprese e le aiuti anche a combattere il lavoro minorile. La tracciabilità – conclude Lara Comi – è una lotta che riguarda non solo l’ambito tessile, ma anche quello alimentare».
Per Cleto Sagripanti, presidente di Assocalzaturifici, l’introduzione del sistema ‘Made in’ faciliterà le autorità durante i controlli e nell’adozione di contromisure in caso di situazioni critiche. Non è infatti sufficiente, secondo l’associazione, che il consumatore o le autorità di sorveglianza conoscano il nome e l’indirizzo del produttore e dell’importatore dal momento che questi dati potrebbero non bastare per risalire all’effettivo luogo di fabbricazione. Secondo Assocalzaturifici, invece, “la conoscenza dei prodotti da parte dei consumatori potrebbe stimolare le aziende a migliorare i propri standard di produzione e ad adottare comportamenti eticamente più corretti”.