La regola riguarda il mondo del fast fashion che è inquinante dall’origine alla fine degli abiti
Secondo il report del 2020 di McKinsey, “Fashion on climate“, l’industria mondiale dell’abbigliamento è stata responsabile nel 2018 dell’emissione in atmosfera di circa 2,1 miliardi di tonnellate di CO2 equivalenti, pari al 4% delle emissioni globali e, in pratica, pari all’inquinamento complessivamente prodotto da Francia, Regno Unito e Germania messi insieme.
Il calcolo si basa sugli indumenti prodotti, utilizzati e smaltiti nel 2018. Senza interventi immediati e considerando che la domanda di abbigliamento nel prossimo decennio è destinata ad aumentare, le emissioni di carbonio salirebbero nel 2030 a circa 2,7 mld ton/anno, cioè un +28%.
Il problema principale è da ricercare nella lunga catena di approvvigionamento: per una larga maggioranza di casi, tutto parte dalla produzione della materia prima, che si svolge tra appalti, subappalti e lavoro informale, fino al prodotto finito. La produzione di questo, poi, è delocalizzata nei Paesi in cui il costo del lavoro è più basso in quanto, spesso, non è riconosciuto nemmeno un salario di sussistenza e non ci sono regole e controlli a tutela della salute dei lavoratori e dell’ambiente. Con il risultato che circa il 90% delle emissione avviene per lo più in Cina, Bangladesh, Vietnam, Turchia, India, Indonesia, Cambogia, paesi dove i combustibili fossili sono preponderanti nel mix energetico.
Si aggiunga a tutto ciò che ogni anno enormi volumi di vestiti, che potrebbero ancora essere indossati o riciclati, finiscono in discarica o negli inceneritori. In pratica ogni secondo l’equivalente di un camion della spazzatura carico di vestiti finisce in discarica o incenerito. Ben poco viene recuperato e, a livello globale, solo l’1% degli abiti viene riciclato per far nuovi tessuti e capi d’abbigliamento. Per questo, il primo strumento per tutelare la vita del pianeta sarebbe quello di arrivare ad una concreta e decisiva riduzione dei consumi: invece il report “A New Textiles Economy: Redesigning fashion’s future” di Ellen MacArthur Foundation, dimostra che il numero di volte in cui un capo viene indossato è diminuitoin questi ultimi anni di quasi il -40%.