Si vedono gli effetti delle prime azioni dei leader mondiali della moda per tutelare l’ambiente .
Sono passati appena 14 mesi da quando il Presidente francesce Emmanuel Macron ha affidato a François-Henri Pinault il compito ‘epocale’ del “Fashion Pact”, il progetto di sistema che promuove la sostenibilità nel mondo della moda. In ritardo, a causa del Covid, per la prima volta, il settore è arrivato a riunirsi e già ha potuto festeggiare un formidabile successo: al suo lancio i firmatari del patto erano 34, ad oggi sono già diventati ben 63.
Sono le aziende leader mondiali del settore tessile-abbigliamento (moda, sport, lifestyle e lusso, nonché fornitori e rivenditori) che si sono impegnate su tre ambiziosi obiettivi ambientali: clima, biodiversità e oceani. Insieme rappresentano oltre 200 marchi e ben un terzo dell’industria della moda. Gran parte delle aziende sta già portando avanti importanti iniziative individuali per ridurre le emissioni di gas serra e il risultato è che insieme i firmatari hanno ridotto le emissioni di circa 350-450.000 tonnellate di CO2.
Hanno compiuto anche progressi significativi nella transizione verso l’approvvigionamento di materie prime a basso impatto ambientale, ad esempio, raggiungendo una percentuale di circa il 40% per il cotone.
L’80% delle aziende firmatarie non si era mai impegnato a favore della biodiversità prima di unirsi al Fashion Pact e il 50% di loro ha affermato che l’adesione al patto ha incoraggiato nelle rispettive organizzazioni lo sviluppo di azioni o impegni per fermare la deforestazione.
Inoltre i firmatari intendono completare l’eliminazione della plastica negli imballaggi B2C entro il 2025 e negli imballaggi B2B entro il 2030.
Le aziende italiane per ora firmatarie dell’accordo sono: Bonaveri, Ermenegildo Zegna, Salvatore Ferragamo, Gruppo Armani, Herno, Moncler, Prada, Diesel, Geox e Calzedonia.