Usa, Corea e Emirati hanno aumentato gli acquisti del fashion Made in Italy del 39, 31 e 34,2 % .
«Il settore ha resistito alla congiuntura negativa crescendo più del previsto in termini di ricavi ma ci sono alcuni aspetti che vanno analizzati»: questo il cauto commento di Carlo Capasa, presidente della Camera Nazionale della Moda Italiana – Cnmi, in relazione ai dati della stima fatta nei “Fashion economic trends (Fet)” di Cnmi che confermano le previsioni di Confindustria moda.
In sostanza il fatturato della moda italiana per il 2022 è salito del +18% a 98 miliardi di euro, contando i settori collegati come occhialeria, gioielli e beauty, con il miglior risultato degli ultimi 20 anni. Ma le cautele di Capasa guardano al domani: «i prezzi industriali, nella filiera, sono cresciuti del +7,2% rispetto al 2021, spinti dagli incrementi del costo dell’energia. L’aumento dei prezzi al consumo, tuttavia, è stato molto più basso, pari al +1,5%, e anche inferiore all’inflazione media nazionale. Ciò significa che i brand hanno assorbito gli aumenti sui listini finali, rinunciando a parte dei guadagni».
Nei primi 11 mesi dello scorso anno, secondo i Fet, la produzione al netto dell’inflazione è cresciuta del +8% nei settori “core” della moda e del +14% nella gioielleria e nella bigiotteria. A trainare i ricavi è l’export che ha toccato quota 80,9 miliardi, in salita del +19%, grazie ai risultati ottenuti negli Usa (+39,1%), in Corea (+31,0%) e negli Emirati (+34,2%).
Il saldo commerciale – considerando un incremento delle importazioni del 32,9%, con un picco del 54% dalla Cina e del 57% dall’Asia – è di 29,7 miliardi nel 2022 e supererà i 30 miliardi alla fine di quest’anno. Il settore moda allargato, dunque, si conferma capace di creare valore aggiunto per il Paese.
Proprio per tutelarlo, secondo Capasa, bisogna lavorare su più fronti: «Per quanto riguarda l’energia possiamo dire che il price cap europeo abbia funzionato e speriamo che la stabilità permanga. Mentre abbiamo chiesto al Governo di agevolare sulle fusioni tra le piccole aziende della filiera, promuovere la digitalizzazione diffusa nei distretti proprio per supportare le Pmi e intervenire portando a 1.200 euro il tetto del welfare detassato per arginare gli effetti dell’inflazione».