Il consumo di suolo e di acqua per il denim rendono questo popolare indumento il più inquinante .
Jeans: non sono solo uno dei capi di abbigliamento più popolari al mondo, ma anche tra i più impattanti dal punto di vista ambientale. Per produrre un paio di jeans vengono emessi in media 33,4 chili di CO2 e vengono impiegati 1.800 litri di acqua. La produzione di cotone, necessario per la realizzazione del denim, occupa una vasta superficie delle terre arabili globali e riversa nel suolo, nell’aria e nelle falde acquifere ingenti quantità di pesticidi.
Alcuni grandi marchi di moda hanno iniziato a rendere più sostenibili le proprie produzioni. Wrangler, storico brand statunitense produttore di jeans, ha iniziato ad affrontare le grandi sfide del settore ritenendo una corretta gestione ambientale e sociale la chiave del successo.
Il primo passo intrapreso da Wrangler è stato investire nella ricerca di nuove tecniche per migliorare la salute del suolo e ridurre l’utilizzo di acqua. Il suolo è uno degli ecosistemi più complessi e variegati in natura e ospita un’incredibile varietà di organismi, i quali svolgono funzioni ecosistemiche imprescindibili. L’azienda americana sta lavorando con scienziati e specialisti per adottare tecniche di gestione del suolo più sostenibili, come il sod seeding, tecnica conservativa che mira a mantenere una fertilità fisica paragonabile a quella dei terreni naturali, e l’impiego di colture di copertura, note come cover crop, colture erbacee piantate tra le colture principali, non destinate alla raccolta ma coltivate per migliorare la fertilità del suolo.
Roian Atwood
direttore sostenibilità
Wrangler
Preservarne la salute è essenziale, sia per contrastare i cambiamenti climatici che per garantire la produttività dell’agricoltura. Tutelare e migliorare la salute del nostro suolo è fondamentale e necessario per la conservazione del patrimonio rappresentato dal denim americano e per le generazioni future.
Entro il 2025 Wrangler prevede di ridurre del 35% l’impatto delle sue materie prime.