Sul sito, i consumatori potranno acquistare un modello Reebok che andrà in produzione on demand .
Reebok ha annunciato il lancio della piattaforma First Pitch, con la quale saranno i consumatori a decidere se mandare in produzione le scarpe che desiderano vedere realizzate. Il metodo è innovativo: l’azienda carica sul sito diverse proposte di prodotto, a cui affianca una commitment window che resta online per un periodo variabile tra le 72 ore e i 30 giorni.
Tramite questa finestra è possibile impegnarsi all’acquisto. Le paia partono da un dollaro per il cliente numero 1, due per il secondo e salgono progressivamente fino a raggiungere il prezzo di vendita fissato dalla società. È possibile, in sostanza, riuscire a portarsi a casa delle sneakers firmate per pochi spiccioli, a patto di essere tra i primi e che si raggiungano le 500 unità prenotate in totale.
In quest’ultimo caso il modello viene effettivamente fabbricato e recapitato agli acquirenti nel giro di nove settimane. Il discorso regge dal punto di vista economico: solo le prime decine di paia saranno vendute in perdita, ma restano tutte le altre su cui fare margine, un trade off accettabile quando si cerca di stare al passo, stimolando il cliente con proposte sempre nuove e sopra le righe.
Sotto il profilo del marketing, i clienti diventano ambasciatori del brand e si impegnano attivamente per supportare il modello prescelto sui propri canali social, in maniera da vederlo realizzato: insomma, pubblicità mirata, e per di più gratuita, magari da fashion blogger o influencer interessati.
«La customer centricity, cioè la relazione diretta con il pubblico, è uno dei grandi cambiamenti che le aziende moda dovranno implementare nei prossimi anni per avere successo – spiega Francesca Romana Rinaldi, docente di Fashion Management all’Università Bocconi e autrice del volume Fashion Industry 2030 (Egea Bocconi University Press) – Difficile pensare che questa modalità produttiva diventi prevalente, ma sono convinta che la quota di prodotto realizzata su richiesta aumenterà notevolmente negli anni. Basti pensare che esistono già marchi che producono tessuti utilizzando delle innovative stampanti 3D».