La campagna “Abiti Puliti” allarga il coinvolgimento di brand della moda sempre più responsabili
L’associazione Abiti Puliti, dal 2016, ha lanciato, la campagna “l’Impegno per la Trasparenza (Transparency Pledge)”. Lo ha fatto insieme ad una coalizione di sindacati e organizzazioni della società civile impegnate nella difesa dei diritti umani e dei lavoratori e ha connesso sotto questa etichetta un insieme di requisiti minimi per rendere trasparenti le catene di fornitura dei brand della moda.
A tre anni di distanza, i dati del Fashion Transparncy Index 2019 rilevano che il 35% dei 200 marchi analizzati ha pubblicato la lista dei propri fornitori di primo livello. “Un passo in avanti notevole”, dicono all’associazione ricordando che nel primo anno della rilevazione solo il 12,5% dei 40 marchi esaminati aveva risposto alla richiesta di pubblicazione dei fornitori. È l’indice che la trasparenza comincia ad essere effettivamente riconosciuta come un passo importante per favorire l’identificazione e la gestione degli abusi sui lavoratori nelle catene di approvvigionamento del settore tessile.
Ecco allora che ai primi di novembre 2019, delle 72 aziende che la Coalizione aveva selezionato e contattato nel 2016, 22 hanno adottato per intero o si sono impegnate ad adottare lo standard richiesto dall’Impegno per la trasparenza, 29 hanno pubblicato per lo meno i nomi e gli indirizzi degli stabilimenti produttivi dei loro fornitori ma non hanno dato ancora completa attuazione allo standard, 18 non hanno reso pubblica alcuna informazione sulla filiera produttiva.
Aruna Kashyap consulente senior
diritti delle donne Human Rights Watch
Non è una panacea, ma è fondamentale per un’azienda che si definisce etica e sostenibile: tutti i marchi dovrebbero essere trasparenti. Per questo sono necessarie leggi che impongano la trasparenza insieme a pratiche che garantiscano il rispetto dei diritti umani.
Deborah Lucchetti
coordinatrice Campagna Abiti Puliti
sezione italiana
Non è più accettabile che iniziative volte a promuovere un business responsabile e pratiche aziendali più etiche non impongano la trasparenza alle aziende quale requisito minimo di affiliazione.
L’accesso pubblico alle informazioni minime sulle catene di fornitura previste dall’Impegno per la Trasparenza è vitale per consentire ai lavoratori e agli attivisti di identificare e contrastare gli abusi nelle fabbriche.