C’è un gioiello d’imprenditoria in Italia che non produce nulla, pur vendendo calzature e abbigliamento in tutto il mondo. Un’azienda capace di rivitalizzare brand storici senza investire un euro in tessuti, macchinari e magazzini. È “BasicNet”, azienda quotata in borsa, una piattaforma informatica che consente ai licenziatari di fabbricare e distribuire marchi come Superga, Kappa, K-Way e Sebago rilanciando marchi che si trovavano al fallimento.
Nel primo semestre 2018, l’azienda ha sfiorato i 400 milioni di euro di vendite aggregate, con un +87% di utile netto, a 6,5 milioni, e +88,5% di margine operativo netto, a 10,1 milioni. BasicNet ha sede a Torino e per lei lavorano 70 programmatori, 100 designer di prodotto e 100 esperti di comunicazione. «La nostra piattaforma – assicura Gianni Crespi, amministratore delegato della società dal 2016 – è la vera gallina dalle uova d’oro. Noi mettiamo stile, marketing e la gestione del marketplace su software proprietari. Il resto spetta ai licenziatari. Sono loro che guidano la danza commerciale, che decidono cosa comprare e a che prezzo, pubblicando una richiesta sulla piattaforma che apre una sorta di asta fra i produttori. BasicNet ha solo il ruolo di garante».
In futuro il marketplace potrebbe aprirsi a brand non in difficoltà ma che vogliano comunque crescere
In pratica, ogni anno BasicNet crea un menu di modelli, lasciando i licenziatari liberi di decidere cosa produrre e come distribuirlo. Il tutto attraverso transazioni che possono avvenire solo sulla piattaforma aziendale.
L’azienda garantisce la qualità mandando in giro ispettori che valutano i campioni, e distribuendo codici seriali che attestano la genuinità del prodotto. Ma l’assicurazione migliore è data dalle recensioni pubblicate sulla piattaforma dagli imprenditori locali, proprio come succede su Airbnb o su Amazon. Il sistema funziona particolarmente bene per rilanciare nomi che, prima di fallire, avevano forte personalità e fama internazionale. «Gli imprenditori locali sono la migliore forza vendita che esiste. Un direttore commerciale a stipendio non sarà mai motivato quanto l’imprenditore che ha investito i suoi soldi», sottolinea Crespi.