Ha destato molto scalpore la lite tra la tedesca Birkenstock ed il colosso dell’e-commerce Amazon: la nota casa tedesca produttrice di sandali dal prossimo gennaio non metterà più in vendita i propri prodotti sulla piattaforma perché la accusa di offrire anche copie contraffatte delle proprie creazioni.
Birkenstock aveva segnalato diverse volte il problema, chiedendo ad Amazon di darsi da fare per stroncare la vendita dei falsi e dando anche dei suggerimenti, e interrompendo le vendite negli Usa già da gennaio 2017. Amazon, nell’autunno 2016, aveva dichiarato di voler avviare serie iniziative di contrasto contro la contraffazione, anche adottando procedure che impongono ai venditori di dimostrare di avere l’autorizzazione dei proprietari dei marchi. Evidentemente qualcosa ha continuato a non funzionare e Birkenstock ha deciso di andarsene definitivamente.
Tutte le più recenti sentenze sottolineano la responsabilità delle piattaforme di vendita
La questione della contraffazione online contagia un po’ tutti i grandi distributori: eBay negli anni è stato al centro di diverse azioni legali promosse da marchi prestigiosi e nel 2011 la Corte di Giustizia dell’Unione Europea aveva chiarito che il gestore della piattaforma può essere richiamato alle proprie responsabilità, quando permette la vendita di prodotti contraffatti.
Anche il gruppo cinese Alibaba è stato al centro di diverse querelles e ha dichiarato le proprie buone intenzioni contro i falsari. Però, a fine novembre 2017, il Tribunal de Grande Instance di Parigi, accogliendo le richieste di un mobilificio, ha ingiunto ad Alibaba di attivarsi, affermando le sue responsabilità come content provider. Ed in occasione dell’ultimo “Black Friday”, un gruppo di aziende ha scritto al presidente della Commissione europea per sensibilizzarlo al problema della contraffazione dei prodotti di largo consumo e chiedendo un rafforzamento del quadro legislativo comunitario.