Da sole, quattro regioni garantiscono il 60% dell’export agroalimentare italiano. Sono: Veneto, Lombardia, Emilia-Romagna e Piemonte. Lo si evince dall’indagine sull’export agroalimentare realizzata da Agrifood Monitor di Nomisma e CRIF dalla quali risulta anche che, con un aumento sul 2016 del +6%, nel corso del 2017 l’export agroalimentare italiano è già arrivato a quota 40 miliardi.
Sono soprattutto i Paesi extra-Ue, che per altro rappresentano meno del 35% dell’export totale, ad evidenziare i tassi di crescita più elevati. Tra questi Russia e Cina, con aumenti degli acquisti di prodotti agroalimentari italiani oltre il 20%.
Con un valore superiore ai 130 Miliardi di euro, gli Stati Uniti rappresentano il primo mercato al mondo per import di prodotti agroalimentari. Al secondo posto figura l’Unione Europea, considerata ancora a 28 membri, con 112 Miliardi, mentre tra i restanti paesi più rilevanti risultano Cina, Giappone e Canada, rispettivamente con 92, 59 e 32 miliardi di euro.
La struttura economica più grande e una filosofia orientata al mercato spingono l’export
Se Veneto, Lombardia, Emilia Romagna e Piemonte hanno il 60% dell’export agroalimentare, il Sud incide per meno del 20%. Sono differenze che possono anche aumentare, visti i dati del primo semestre 2017. Mentre le regioni del Nord Italia hanno una crescita di oltre il 7% nelle vendite oltre frontiera, quelle del Mezzogiorno finora raggiungono solo il +2%.
La presenza di imprese più grandi, reti infrastrutturali più sviluppate, produzioni alimentari più “market oriented” sono tra i motivi indicati della maggiore crescita dell’export di Veneto, Lombardia, Emilia Romagna e Piemonte. Complessivamente vino, olio d’oliva, formaggi e pasta ‘pesano’ per circa il 65% sulle esportazioni agroalimentari complessive e contribuiscono “in primis ad una bilancia commerciale positiva che, considerata congiuntamente (Usa + Canada) presenta un saldo di 3,2 miliardi di euro”.