Ogni 100 euro di consumi, gli italiani ne destinano 23 alla spesa alimentare. Gli alimenti sono la prima voce dei consumi delle famiglie italiane, una spesa che però si va progressivamente restringendo e riduce i margini di guadagno. Lo dicono i dati dello studio di Nomisma sulla distribuzione del valore nella filiera agroalimentare. «La dinamica dei consumi alimentari degli ultimi anni – commenta Massimiliano Giansanti, componente della Giunta di Confagricoltura – sta penalizzando gli operatori della filiera, che si confrontano con un mercato interno meno reattivo e che progressivamente si va riducendo».
La filiera agroalimentare nel suo complesso ha perso il 10% di valore aggiunto prodotto. E tutti (con la sola eccezione della ristorazione) perdono vistosamente posizioni; l’agricoltura nel 2000 rappresentava quasi il 20% del valore aggiunto, oggi il 14%. Intanto i ‘costi esterni’ alla filiera sono cresciuti e passano dal 22 al 34,1%. Crescono anche oneri finanziari (4,5%), imposte (7,9%) e importazioni (3,2%). «Confagricoltura condivide la tesi della ricerca Nomisma – ha osservato Massimiliano Giansanti – È inutile sostenere contrapposizioni all’interno della filiera stessa tra gli interessi di agricoltori, industriali, operatori del commercio. Occorre invece cooperare per incidere sull’efficienza della filiera e migliorare le performance economiche complessive; studiando, ad esempio, come ridurre i costi del lavoro e quelli esterni alla filiera (energia, trasporti, logistica e altri servizi) e realizzando da sé alcune funzioni di post produzione. Una filiera strutturata e perfettamente integrata – ha concluso il rappresentante di Confagricoltura – consente una crescita complessiva; ancor più se anche la Pubblica Amministrazione si trasforma e diventa meno burocratica e più efficiente».