Le api non riescono a raccogliere abbastanza nettare e l’Italia importa miele da Ungheria e Cina
Sembrerebbe proprio che gli italiani abbiano addolcito il loro lockdown … con il miele: secondo i dati Nielsen sulle vendite nella Grande distribuzione, nel periodo compreso tra lunedì 17 febbraio e domenica 03 maggio gli acquisti sono aumentati del + 44%. Miele di importazione, visto il momento difficile per la produzione Made in Italy per effetto dell’andamento climatico anomalo con una grave siccità che ha ridotto le fioriture e stressato le api.
Il rischio, secondo quanto lamenta Coldiretti, è che il risultato produttivo sia ancora peggiore di quello del 2019, quando, con una produzione nazionale di appena 15 milioni di chili a fronte di un quantitativo di quasi 25 milioni di chili di miele importato durante l’anno dall’estero, il 40% arriva dall’Ungheria e il 10% dalla Cina. In Italia esistono più di 60 varietà di miele a seconda del tipo di “pascolo” delle api.
Nelle campagne italiane ci sono 1,5 milioni gli alveari curati da sessantamila apicoltori di cui circa due terzi producono per solo autoconsumo.
In media una singola ape visita circa 7.000 fiori al giorno e ci vogliono quattro milioni di visite floreali per produrre un chilogrammo di miele. Nel frattempo le api svolgono una funzione fondamentale per la frutticoltura: secondo quanto accertato dalla Fao, tre colture alimentari su quattro dipendono in una certa misura per resa e qualità dall’impollinazione dalle api e tra queste ci sono le mele, le pere, le fragole, le ciliegie, i cocomeri ed i meloni.
La scarsa raccolta che le api riescono a fare in questo contrastato clima primaverile, sta creando gravi problemi agli alveari con le api che non hanno la possibilità di raccogliere il nettare e il poco miele che sono riuscite a produrre se lo mangiano per sopravvivere.