Attualmente l’Italia esporta nel Regno Unito vino e altre bevande, ortofrutta e pasta, dolciumi e formaggi, carni e salumi per un totale in valore annuo di circa 2,9 miliardi di euro, mentre le nostre importazioni da Oltremanica superano appena i 560 milioni. Una fotografia degli scambi che mette in luce quanto lo shock della Brexit possa avere effetti particolarmente contrastati per l’agroalimentare italiano. Un po’ meglio potrebbe andare al resto dell’Europa vista che complessivamente Londra acquista dai partner Ue per 35,5 miliardi ed esporta per 13,9 miliardi.
Dall’analisi elaborata dal Think tank ‘Farm Europe’, l’interlocutore delle istituzioni Ue sulle sfide della Pac, emerge che a forte rischio sono anche gli scambi agroalimentari di Olanda (6,9 mld soprattutto quelli portuali), Irlanda (5,2 mld), Francia (5 mld) e Germania (4,5 mld). Ad esempio, per il vino la volontà di Londra di aprire al resto del mondo potrebbe seriamente ridurre l’attrattività dei britannici per la produzione italiana pari a 540 mln di euro l’anno. In pericolo potrebbe trovarsi il commercio Ue di latticini e formaggi che vale per l’Italia qualcosa come 167 milioni di euro e che dovrebbe venirsi a confrontare con l’eventuale concorrenza di accordi commerciali tra britannici, neozelandesi o statunitensi. Meno preoccupante invece potrebbe essere la concorrenza per i prodotti dell’ortofrutta visto che la vicinanza del mercato britannico dovrebbe permettere ai produttori Ue di mantenere una posizione di forza. Senza dimenticare però che per la nostra area mediterranea, la concorrenza più immediata è quella del Nord-Africa.
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