Stime in calo del -9% per la produzione mondiale di grano duro nel 2019, con picchi negativi negli Usa del -32%, in Nord Africa del -27%, in Canada del -11% e in Europa del -10%. Per quanto riguarda l’Italia, in particolare, si registra una diminuzione delle superfici coltivate del -6,5%, mentre aumentano quelle con grano biologico. Questi i primi dati di previsione per la campagna 2019-2020 elaborati della società di ricerca Areté e presentati a Foggia in occasione della quarta edizione dei “Durum Days”, l’evento internazionale che vede riunita tutta la filiera del grano duro e della pasta, promosso da Assosementi, Cia – Agricoltori italiani, Confagricoltura, Copagri, Alleanza Cooperative Agroalimentari, Compag, Italmopa, Unione Italiana Food.
In Europa i cali di superfici, uniti a quelli degli stock iniziali, secondo le previsioni, faranno aumentare del +71% il fabbisogno di importazioni e in particolare gli arrivi del grano canadese, paese tra i principali produttori ed esportatori, registrerà un aumento del +10%. Per quanto riguarda le stime in Italia, secondo il Crea, il Consiglio per la ricerca in agricoltura e l’analisi dell’economia agraria, le superficie impiegate a grano duro saranno di 1,2 milioni di ettari. Le forti piogge, le grandinate e le escursioni termiche delle ultime settimane, inoltre, potrebbero creare portare ad ulteriori cali produttivi. Continua il trend di crescita delle superfici investite a grano duro biologico e quelle dei contratti di filiera, mentre cala del -12% l’impiego di semente certificata rispetto al 2018.
L’Italia ci prova a contenere i danni con accordi di filiera: per ora vanno bene solo quelli per il bio
«La necessaria valorizzazione del frumento duro nazionale – ha detto Cosimo De Sortis, presidente Italmopa-Associazione Industriali Mugnai d’Italia – deve andare di pari passo con l’altrettanto necessario miglioramento delle caratteristiche qualitative. La nostra adesione al protocollo frumento duro, sottoscritto lo scorso anno dai principali attori della filiera, costituisce una prima risposta alla necessità di avviare un percorso condiviso volto a superare le criticità strutturali della stessa. Ma è necessario che esso si traduca nella promozione di strumenti, quali gli accordi di filiera, in grado di fornire risposte concrete alle esigenze della produzione agricola e dell’industria della trasformazione».