In occasione dell’appuntamento organizzato da Cnr, Crea e Università di Bologna che ha messo a confronto le ultime ricerche sul genoma sequenziato del frumento duro e il mondo della produzione di grano duro nel nostro Paese, Luigi Cattivelli, direttore del CREA Genomica e Bioinformatica e coordinatore dello studio, ha illustrato quelle che saranno le ricadute pratiche per la filiera nazionale e i cambiamenti nell’attuale modo di fare agroalimentare.
«La prima ricaduta – ha detto Cattivelli – è per l’industria sementiera che, da subito, utilizzando questi dati, può lavorare per nuove varietà resistenti a malattie come le ruggini e la fusariosi. La seconda è per l’industria della trasformazione, in quanto, conoscendo ora tutti i geni responsabili della qualità, potrà, a medio termine, avere una materia prima sempre più calibrata e funzionale alle proprie esigenze produttive e ai gusti del consumatore. La terza, che richiede tempi più lunghi, porterà ad una migliore gestione della biodiversità, grazie al riconoscimento su basi genetiche delle diverse tipologie di frumento duro, sia esso farro, grano antico o moderno».
Qualificare la produzione italiana con nuove varietà di grano potrebbe rafforzare la filiera della pasta
Pur conscio che il sistema produttivo italiano ricorre ampiamente all’importazione di grano atto a sostenere l’industria della trasformazione, il Ministro all’agricoltura, Gian Marco Centinaio, ha sottolineato che: «La filiera del frumento duro rappresenta un’autentica eccellenza del comparto agroalimentare del nostro Paese. Circa 3 piatti di pasta su 4 consumati nel Vecchio Continente provengono da un pastificio italiano. Dobbiamo lavorare per difendere questo settore e affrontare le sfide che si presenteranno in futuro. Il risultato di questo lavoro è un passo importantissimo per il sostegno della filiera nazionale. Si aprono nuovi scenari che consentiranno di far fronte ai cambiamenti climatici e garantire la migliore qualità dei prodotti».