La contraffazione, la falsificazione e l’imitazione del Made in Italy alimentare nel mondo hanno superato un fatturato di 60 miliardi di euro, con quasi 2 prodotti di tipo italiano su 3 in vendita sul mercato internazionale che non hanno nulla a che fare con la produttivatà nazionale. È quanto emerge da una analisi di Coldiretti divulgata in occasione dell’incontro “La lotta alla contraffazione e alla pirateria” ad Expo.
Il falso Made in Italy a tavola – sottolinea Coldiretti – colpisce in misura diversa tutti i diversi prodotti, dai salumi alle conserve, dal vino ai formaggi ma anche extravergine, sughi o pasta e riguarda tutti i continenti. A differenza di quanto avviene per altri articoli come la moda o la tecnologia, a taroccare il cibo italiano non sono i Paesi poveri, ma soprattutto quelli emergenti o i più ricchi a partire proprio dagli Stati Uniti e dall’Australia. In testa alla classifica dei prodotti più taroccati secondo Coldiretti ci sono i formaggi, Parmigiano Reggiano e Grana Padano soprattutto, che ad esempio negli Stati Uniti in quasi nove casi su dieci sono sostituiti dal Parmesan prodotto in Wisconsin o in California. Poi ci sono i salumi più prestigiosi con i prosciutti di Parma o di San Daniele che sono spesso “clonati”. Ma anche gli extravergine di oliva e le conserve come il pomodoro san Marzano che viene prodotto in California e venduto in tutti gli Stati Uniti.
L’allarme Coldiretti per l’italian sounding di casa nostra
Secondo Coldiretti, almeno in un Paese su quattro tra quelli che partecipano ad Expo sono realizzati e venduti diffusamente prodotti alimentari falsamente italiani in sfregio all’identità del Made in Italy. In questo contesto particolarmente positiva è stata l’esperienza dell’esposizione universale con molteplici iniziative divulgative per far conoscere agli stranieri le caratteristiche peculiari dei prodotti alimentari originali.
Alle realtà diffuse nel mondo, ne va però aggiunta oggi una ancora più insidiosa, quale è quella dell’italian sounding di matrice italiana, che importa materia prima, soprattutto latte, carni e olio, dai paesi più svariati. Nel nostro Paese avviene solo una parte della trasformazione dalla quale si ricavano prodotti che successivamente vengono venduti come italiani senza lasciare traccia attraverso un meccanismo di dumping che danneggia e incrina il vero Made in Italy. Questo perché non esiste ancora per tutti gli alimenti l’obbligo di indicare la provenienza in etichetta. Un vuoto normativo da colmare, sottolinea Coldiretti, come chiede il 96,5% dei consumatori italiani che ritiene necessario che l’origine degli alimenti sia scritta in modo chiaro e leggibile nell’etichetta. Un dato quest’ultimo che si evince dalla consultazione pubblica on line sull’etichettatura dei prodotti agroalimentari condotta dal ministero delle Politiche Agricole (Mipaaf) che ha coinvolto 26.547 partecipanti sul sito del Mipaaf dal novembre 2014 a marzo 2015.