L’export agroalimentare italiano continua la sua corsa e nei primi cinque mesi dell’anno ha messo a segno una crescita del +3,5%. Solo la Francia, con il suo +4%, ha fatto meglio, mentre la Germania è ferma al +1%, la Spagna fa ancor peggio e arretra del -1% e gli Usa perdono ben 8 punti percentuali.
Secondo i dati Nomisma, nella Ue e in Nord America l’aumento dell’export corre parallelamente alla variazione media delle importazioni. Ma il balzo in avanti complessivo è merito principalmente delle dinamiche di crescita oltre i mercati tradizionali, in quelli emergenti dell’Est Europa, a cominciare dalla Polonia. «Non dobbiamo farci ingannare – avverte Denis Pantini, responsabile area agroalimentare di Nomisma, facendo riferimento al clima di incertezza provocato dagli squilli di tromba del sovranismo e delle guerre dei dazi – Al momento ci troviamo ancora in una fase di minacce e non di ostacoli, nel senso che tutte le problematiche descritte prefigurano uno scenario futuro, benché imminente».
Usa e Canada fanno meno acquisti all’estero, ma non rinunciano al Made in Italy a tavola
In effetti, andando ad analizzare la crescita dell’export italiano per singolo mercato di destinazione, si scopre che le vendite del nostro Paese stanno marciando più veloci di quelle dei concorrenti.
Se negli Usa l’import totale di prodotti agroalimentari ha fatto registrare, a valore, un calo del -4% nel periodo, quelle dal nostro Paese sono invece cresciute del +4,5%. Trend analogo in Canada: a fronte di una riduzione degli acquisti esteri del settore del -6,8%, il Made in Italy è invece aumentato del +4%. Venendo all’Europa, si registra un incremento dell’import agroalimentare dall’Italia del +2,6% nel Regno Unito (rispetto a un -2,4% a livello totale), mentre in Germania la crescita è del +5,8%. Infine, il Giappone, con il quale si è appena chiuso l’Accordo di partenariato economico Jefta: anche in questo caso gli acquisti food&beverage dal nostro Paese sono saliti del +1,6%, contro una riduzione complessiva del -5,3%.