Il 20% degli alimenti stranieri che arrivano in Italia è “fuorilegge” perché “non rispetta le stesse garanzie vigenti a livello nazionale in materia di lavoro, ambiente e salute”. Lo dice Coldiretti che a Cernobbio nel corso dell’edizione 2018 del Forum internazionale dell’agricoltura e dell’alimentazione ha presentato una ricerca specifica su questo problema.“Un fenomeno – dice una nota – che spinge ben il 43% degli italiani a chiedere di bloccare le importazioni da quei Paesi che non rispettano le regole”, secondo quanto indicato da un sondaggio Coldiretti/Ixè.
L’associazione agricola fa alcuni degli esempi di alimenti incriminati: “dal riso asiatico alle nocciole turche, dalla zucchero della Columbia alla carne del Brasile, dall’ortofrutta sudamericana a quella africana fino ai fiori dell’Equador”, tutti prodotti sotto accusa per lo sfruttamento dei lavoratori, i pericoli per la salute e l’utilizzo di sostanze chimiche dannose all’ambiente. Non mancano, continua Coldiretti, casi di lavoro forzato come l’allevamento in Brasile o la cattura del pesce in Thailandia fino allo sfruttamento del lavoro minorile.
Il modo di produrre in Africa, Asia e Sud America è talvolta contrario alle leggi internazionali
“Arrivano anche in Italia – viene spiegato da Coldiretti – prodotti ottenuti dallo sfruttamento del lavoro dei 108 milioni di bambini nelle campagne censiti dalla Fao, secondo la quale quasi la metà di tutto il lavoro minorile del mondo avviene in Africa, seguita da vicino dall’Asia, ma rilevante è anche in Sudamerica, aree dalle quali l’Italia importa ingenti quantità di prodotti agricoli ed alimentari”. Fra gli esempi più eclatanti: il riso del Vietnam, gli agrumi della Turchia, lo zucchero di canna della Columbia, il cacao della Costa d’Avorio.
Inoltre Coldiretti attira l’attenzione sui risvolti ambientali: “È il caso dei pesticidi utilizzati per le banane coltivate in Equador e per l’ananas del Costarica che rappresentano rispettivamente circa la metà e il 90% del consumo dello specifico frutto consumato in Italia”.