Il Dossier “La crisi nel piatto degli italiani nel 2014”, presentato dal Presidente della Coldiretti, Roberto Moncalvo, analizza per la prima volta anche cosa c’è di diverso con la crisi nei piatti più rappresentativi della tradizione alimentare italiana: si evidenzia che sempre più spesso la pizza è fatta con mozzarelle da cagliate dell’est Europa, pomodoro cinese o americano, olio di oliva tunisino e spagnolo (o addirittura olio di semi) e farina francese, tedesca o ucraina.
In Italia sono stati importati nel 2013 – spiega la Coldiretti – ben 481 milioni di chili di olio di oliva e sansa, oltre 80 milioni di chili di cagliate per mozzarelle, 105 milioni di chili di concentrato di pomodoro dei quali 58 milioni dagli Usa e 29 milioni dalla Cina e 3,6 miliardi di chili di grano tenero con una tendenza all’aumento del 20 per cento nei primi due mesi del 2014. Una fiume di materia prima che – sostiene la Coldiretti – ha compromesso notevolmente l’originalità tricolore del prodotto servito nelle 50mila pizzerie presenti in Italia che generano un fatturato stimato di 10 miliardi.
Nel piatto degli italiani: non va meglio a pasta, pane, ragù
Sempre secondo il dossier presentato da Coldiretti, il simbolo culinario dell’Italia è la pasta che ha fatto registrare invece una decisa svolta nazionalista con la nascita e la rapida proliferazione di marchi che garantiscono l’origine italiana del grano impiegato al 100%. Una tendenza – sostiene Coldiretti – rivolta a garantire qualità e sostenibilità della produzione, ma favorita anche dalla volontà di sostenere il lavoro e l’economia italiana in un difficile momento del Paese che spinge i consumatori a privilegiare scelte di acquisto sostenibili che contribuiscono al rilancio del Made in Italy.
«La produzione nazionale degli ingredienti e la loro lavorazione esclusivamente in Italia – ha affermato il presidente della Coldiretti, Roberto Moncalvo – consente di salvare dall’abbandono interi territori situati in aree difficili nel sud del Paese, ma anche di garantire occupazione e reddito ad agricoltori e lavoratori in un momento di crisi».
Per quanto riguarda il pane artigianale venduto nei forni in Italia, dall’est europeo si assiste all’arrivo di milioni di chilogrammi di impasti semicotti, surgelati, con una durata di 24 mesi, grazie ad additivi e conservanti. Non meglio va ai tradizionali sughi e il rag italiano che sempre più spesso sono ottenuti da conserve di pomodoro provenienti dall’estero miscelate con ingredienti che tutto sono tranne che nostrani.