Enormi investimenti stanno innalzando la produzione nazionale contro i prodotti “Made in Italy” .
La Russia agricola vuole abbattere la dipendenza alimentare del Paese dagli arrivi dall’estero e per questo ha investito tra il 2015 e il 2019 oltre 200 miliardi di rubli e realizzato circa 1.100 ettari di nuove serre che avrebbero una capacità produttiva di 80 chili al metro quadrato.
Stando ad una analisi del Centro Studi di Rosselkhozbank (Banca Agricola Russa), rilanciati in Italia dal Corriere Ortofrutticolo e dall’agenzia FreshCutNews.it, il settore delle serre ha registrato un incremento del +52% dall’inizio delle sanzioni commerciali europee che hanno a loro volta provocato le contromisure russe. La crescita della capacità produttiva sarebbe pari al +10% circa l’anno. In prima fila, nella produzione, cetriolo e pomodoro (90% del totale).
Il centro dell’area nella quale è stata effettuata gran parte degli investimenti è Voronezh, dove passa un gasdotto in grado di rifornire le aziende ad un prezzo bassissimo, ed altre cinque le Regioni sono pronte ad incrementare le loro serre: Lipetsk, Kursk, Belgorod, Orel e Tula.
Le esportazioni agroalimentari italiane in Russia hanno perso circa 1,2 miliardi di euro negli ultimi cinque anni e mezzo a causa dell’embargo che ha colpito un’importante lista di prodotti agroalimentari.
E, oltre a formaggi, carne e salumi, in prima fila ci sono proprio frutta e ortaggi. Quella dell’agroalimentare italiano è una condizione che si fa ogni giorno più complessa e paradossale: da un lato, è stato raggiunto un nuovo traguardo nelle vendite all’estero, pari a 44,6 miliardi; dall’altro tutto viene messo in crisi non solo dalle emergenze sanitarie, ma anche da politiche commerciali quali quelle di Russia e Usa che danneggiano Europa e Italia.