Per far quadrare il bilancio famigliare gli italiani fanno la loro spesa nei discount alimentari
Meno spesa e meno qualità nel carrello degli italiani, che comunque spendono di più per l’alimentazione. È quanto emerge da una analisi di Coldiretti sulla base dei dati pubblicati dall’Istat: a fronte di una riduzione degli acquisti che ad aprile di quest’anno è stata del -0,8% rispetto al 2021, lo scontrino alla cassa è aumentato del +5,5%. Questo malgrado i consumatori abbiano cercato di risparmiare quanto più possibile facendo acquisti soprattutto nei discount che hanno visto i propri introiti aumentare del +10,1%.
Quello che durante il periodo della pandemia era indicato dalla stessa Coldiretti come una volontà degli italiani di tornare ad una dieta sana, mediterranea, di produzione locale, si dimostra oggi una aspirazione sconfitta dal caro prezzi e dal cibo low cost.
Il balzo dei discount alimentari evidenzia la difficoltà in cui si trovano le famiglie italiane per i generalizzati rincari dei prodotti energetici che hanno ridotto la disponibilità economica anche per gli altri acquisti di prima necessità. Gli stessi prodotti alimentari scontano poi aumenti dovuti non solo alle materie prime, ma anche sul fronte del confezionamento: dalla plastica ai barattoli di latta, dal vetro alla carta delle etichette, tutto incide sui costi di produzione delle aziende e si assomma all’aumento dei costi di trasporto e distribuzione. Questo anche perché l’Italia ha un deficit strutturale che incide fortemente sul costo medio al chilometro per le merci, a 1,12 euro/ chilometro, più alto di nazioni come la Francia e la Germania.
Altro esempio è quello delle aziende vitivinicole Made in Italy che si stanno trovando a fronteggiare aumenti unilaterali da parte dei fornitori con le bottiglie di vetro che costano più del 30% in più rispetto allo scorso anno, mentre il prezzo dei tappi ha superato il +20% per quelli di sughero e addirittura il +40% per quelli di altri materiali. Per le gabbiette per i tappi degli spumanti gli aumenti sono nell’ordine del +20%, e anche per le etichette e per i cartoni di imballaggio si registrano rispettivamente rincari del 35% e del 45%.