I dati veneti durante il lockdown segnano un calo dei prodotti freschi a favore dell’inscatolato
Il calo dei contagi da Covid sta portando ad un graduale ritorno alla normalità, ma l’impatto del confinamento in casa e la paura di un’imminente crisi economica sta pesantemente riflettendosi sulla capacità di spesa delle famiglie. E gli effetti peggiori sono attesi dall’autunno: questa la preoccupazione maggiore emersa dall’assemblea di Confagricoltura Verona nel corso della quale Silvia Marchetti, funzionario di Confagricoltura Veneto, ha presentato il report “I numeri dell’agroalimentare dal 28 febbraio ad aprile 2020”, una elaborazione dei dati di Ismea dei mesi che vanno dal lockdown alle prime riaperture dei decreti Conte.
«Dai numeri – ha spiegato Silvia Marchetti – emerge che le limitazioni nei movimenti durante la chiusura hanno condizionato le scelte negli acquisti, puntando su prodotti a lunga conservazione per effetto scorta e penalizzando fortemente il settore delle bevande e dei vini legato alla ristorazione, Ma già dalla prima settimana di allentamento del lockdown, vini e spumanti sono tornati a salire, registrando un +16%. Continua a perdere posizioni, invece, il latte fresco, che tra lockdown e ripresa segna un -10% su base annua».
«Il latte a lunga conservazione, che nel periodo di confinamento aveva segnato un + 23%, nella prima settimana di ripresa segna solo un +7%.
Tutti i prodotti confezionati, dopo la ripresa, subiscono un rallentamento nelle vendite: le carni passano da + 27% a + 15%; gli ortaggi da + 19% a 7%; i salumi da 16% a 19%.
Calo delle vendite anche per le uova fresche: da + 36% a+ 17%.
Bene invece la frutta, a partire dalle fragole – sottolinea l’analisi di Confagricoltura Veneto – perché la minor pressione competitiva del prodotto spagnolo legata alla chiusura delle frontiere ha determinato un netto miglioramento delle condizioni di mercato, che in un primo momento sembrava particolarmente problematico a causa della carenza di manodopera».