Sono a rischio 8mila posti di lavoro nell’agroalimentare a causa del sisma che ha danneggiato imprese agricole, stalle e strutture di trasformazione agroindustriali ma anche i macchinari per la raccolta e trebbiatura e gli impianti di irrigazione che garantiscono l’acqua a centotrentamila ettari di terreno coltivati a ortofrutta, viticoltura, riso e seminativi colpiti dalla siccità. E’ il presidente della Coldiretti Sergio Marini a lanciare l’allarme per gli effetti del terremoto su un territorio dove si produce quasi il 10 per cento dell’agricoltura nazionale.
È a rischio – sottolinea la Coldiretti – l’occupazione dei titolari di imprese agricole che in alcuni casi sono stati costretti a vendere le proprie mucche a causa dei danni provocati alle stalle ma anche il lavoro dei dipendenti impegnati nelle campagne per le attività di mungitura e raccolta nei terreni coltivati che rischiano di rimanere a secco, con l’arrivo del grande caldo proprio nel momento in cui c’è più bisogno dell’acqua per l’ingrossamento dei frutti.
Il terremoto – continua la Coldiretti – ha provocato infatti danni agli impianti idraulici e frane in alcuni alvei che pregiudicano il regolare deflusso delle acque. Una prima conseguenza è stata la sospensione del servizio di irrigazione che è necessario far ripartire per preservare, nell’emergenza, una delle agricolture più floride della Pianura Padana, dove secondo stime della Coldiretti solo le aziende agricole occupano circa 12mila dipendenti mentre 25 mila sono i titolari delle aziende e i familiari ai quali vanno aggiunte le migliaia di posti di lavoro nell’agroindustria, dai caseifici alla trasformazione della frutta.
La preoccupazione per la mancanza di acqua è diffusa tra i produttori di pere, la cui raccolta prenderà il via verso metà luglio, considerato che l’Emilia Romagna ne produce l’80 per cento del totale nazionale, in larga parte prodotte proprio tra Ferrara e Modena. E mancano pochi giorni all’avvio della trebbiatura del grano, attività per cui alcune aziende sono prive di mezzi in quanto molte mietitrebbiatrici sono rimaste sepolte nei capannoni e nei ricoveri attrezzi, crollati sotto i colpi del terremoto.
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