L’Istituto di Ricerca sulla Medicina e la Salute francese (Inserm) ha voluto porre a confronto i diversi sistemi di etichettatura proposti a livello nazionale e internazionale per permettere ai consumatori di valutare la diversa qualità nutrizionale degli alimenti. Quattro i supporti utilizzati: l’etichetta con cinque colori; il semaforo; i valori giornalieri di riferimento (Gda), da alcune aziende già espressi volontariamente sul packaging; la spunta verde, il cosiddetto ‘green tick’, già utilizzato da alcune aziende in Olanda e nei Paesi scandinavi. Questi quattro sistemi sono stati posti a confronto con alcuni modelli di confezioni per alimenti privi di alcuna indicazione nutrizionale. Cinque le categorie di alimenti testate, su un campione di 14.230 adulti: prodotti ittici surgelati, pizze, prodotti lattiero-caseari, muesli e antipasti. Ogni partecipante ha provato in modo casuale una combinazione di prodotti alimentari delle cinque categorie e le relative etichette nutrizionali, prima di rispondere a una serie di domande attraverso un questionario online mirato a valutare la comprensione della qualità nutrizionale degli alimenti osservati. I risultati della ricerca, pubblicati sulla rivista ‘Nutrients’ hanno confermato ciò che in Francia molte società scientifiche affermano già da tempo, tra le polemiche di alcuni colossi dell’industria alimentare.
Il sistema francese a cinque colori aiuta davvero i consumatori
Lo strumento più efficace e di facile comprensione per guidare il consumatore verso scelte alimentari più salutari, è risultato essere l’etichetta con i cinque colori (verde, giallo, arancione, fucsia e rosso). L’attribuzione dei colori è basata su alcuni calcoli effettuati dalla ‘Food Standards Agency’ che considerano il contenuto di calorie, zuccheri semplici, acidi grassi saturi, sodio, fibre, proteine e la percentuale di frutta e verdura contenuta in cento grammi di prodotto. Importante è che l’esito ottenuto dai ricercatori è indipendente dal livello di istruzione dei soggetti coinvolti nell’indagine, dalla loro disponibilità economica, dalle conoscenze in materia di salute e nutrizione e dal tempo a disposizione per fare la spesa.
È da dire che tutte le etichette sono risultate comunque utili ad accrescere il grado di consapevolezza dei consumatori e, a parità di alimenti, l’etichetta ha comunque sempre fatto la differenza rispetto al ‘no logo’. Però le persone più esposte a una dieta povera di qualità, cioè i soggetti più anziani, i partecipanti con un livello di istruzione più basso, un più basso reddito e le persone in sovrappeso o obese, hanno dimostrato maggiori difficoltà nel classificare i prodotti alimentari in base alla loro qualità. Quanto al sistema coi cinque colori, però, è risultato il più efficace anche in chi seguiva una dieta di non eccelsa qualità.