È entrato in vigore il provvedimento nazionale che innalza dal 12% al 20% il contenuto di succo d’arancia delle bevande analcoliche prodotte in Italia e vendute con il nome “aranciata” o recanti denominazioni che a tale agrume si richiamino. Sono infatti entrate in vigore le disposizioni contenute nella legge 161 del 30 ottobre 2014, dopo i dodici mesi dal perfezionamento con esito positivo della procedura di notifica alla Commissione europea.
L’innalzamento del contenuto di succo d’arancia, sottolinea Coldiretti, modifica dopo 60 anni una norma del 1958 e mira, in primo luogo, a tutelare la salute dei consumatori adeguandosi ad un contesto programmatico europeo che tende a promuovere una alimentazione più sana ed a diffondere corretti stili alimentari. In tale ambito, alcuni studi hanno posto in evidenza che una bevanda con il 20% di succo di arancia aiuti a soddisfare il fabbisogno giornaliero di vitamina C raccomandato dalle diverse Accademie scientifiche e la sua assunzione veicola un variegato mix di sostanze fitochimiche che possono incidere positivamente sulle difese del sistema immunitario.
La nuova normativa ha anche un valore sanitario laddove riduce lo zucchero aggiunto alle bibite
Con la nuova norma si contribuisce ad offrire il giusto riconoscimento alle bevande di maggior qualità riducendo l’utilizzo di aromi artificiali e soprattutto di zucchero la cui elevata concentrazione potrebbe essere utilizzata per sopperire alla minore qualità dei prodotti.
«L’innalzamento della percentuale di succo di frutta nelle bibite – sostiene il presidente Coldiretti, Roberto Moncalvo – va a migliorare concretamente la qualità dell’alimentazione e a ridurre le spese sanitarie dovute alle malattie connesse all’obesità in forte aumento. Il prossimo passo verso la trasparenza è quello di rendere obbligatoria l’indicazione di origine in etichetta della frutta utilizzata nelle bevande per impedire di spacciare succhi concentrati importati da Paesi lontani come Made in Italy».