L’esperimento è stato fatto a Bergamo, con la Regione Lombardia protagonista: sulle confezioni di alcuni prodotti della Pomì (Consorzio casalasco del pomodoro), Sma-Auchan, Palm, Npt, Agricola Perini, Agricola il Campagnino sono state apposte le etichette che riportano la quantità di anidride carbonica emessa durante il ciclo di produzione, distribuzione e commercializzazione, uso e smaltimento. In pratica viene monitorata tutta la «vita» del prodotto: dalla coltivazione o estrazione delle materie prime, al trasporto e al costo in termini ambientali del rifiuto finale.
Attraverso il monitoraggio di AmbienteItalia il consumatore scopre così che un chilo di passata di pomodoro Pomì produce nel suo ciclo di vita 650 grammi di CO2; una latta di 16 kg di colla ecologica per parquet Npt 49,1 kg; un green pallet di legno di abete di 16,35 kg 5,56; 560 gr di cracker non salato ne immettono 106 gr. E ancora il ciclo di vita di un melone da 1 kg produce 206 gr; la stampa di una pagina con stampante inkjet 0,13 gr, con una laser 1 grammo e 69. E anche a tavola le scoperte non mancano: il menù vegetariano per una persona produce 1 chilo circa di C02 e quello di carne supera gli 8 chili di emissioni nel suo ciclo di vita.
Il consumatore ha in questo modo un’informazione chiara e scientificamente corretta, riguardo agli impatti ambientali di un prodotto, e può liberamente orientare le proprie scelte verso quelli a minor consumo di energia e quindi con più ridotti effetti sul cambiamento climatico.
L’esperimento della Regione Lombardia potrebbe trovare l’adesione al Protocollo di Intesa con il Ministero dell’Ambiente e con quello dello Sviluppo Economico per applicare un marchio nazionale di prodotto ambientale a intere filiere e distretti produttivi, così significativi per la nostra economia.