Tre università ritengono che un’etichetta servirebbe a migliorare produzione e riuso dei rifiuti
I ricercatori delle Università di Exeter e di Bath, nel Regno Unito, insieme a quelli dell’Università del Queensland, in Australia, hanno pubblicato un articolo sulla rivista specializzata “Environmental Science and Policy” nel quale sostengono che la plastica degli imballaggi alimentari dovrebbe essere obbligata ad utilizzare delle specifiche etichette ‘a semaforo’, proprio come il cibo che contengono.
Nel mondo, attualmente, sono prodotte circa 368 milioni di tonnellate di plastica ogni anno, con tassi di riciclo estremamente variabili: si va dalla media dell’Unione Europea europea del 30%, con Paesi come la Germania che sono già oltre il 60%, al 25% segnato dalla immensa Cina fino ascendere al misero 8% degli Stati Uniti.
Questo accade sia per le differenti politiche e normative adottate dai diversi Paesi, sia perché i materiali in circolazione sono sempre più numerosi e compositi. Secondo lo studio dei ricercatori sarebbe necessario rendere obbligatoria la presenza di un’etichetta con una scala di valutazione internazionale e omogenea. Uno strumento semplificato che, con pochi colori indichi il tipo di smaltimento, le norme generali e le disposizioni locali per quel materiale e, soprattutto, l’esatto contenuto di tutto ciò che è presente nella plastica, compresi gli additivi.
Se si seguissero queste tre raccomandazioni, chiunque sarebbe in grado di scegliere un alimento o una bevanda confezionati con plastiche più sostenibili.
Sulla base del ‘semaforo’, si potrebbe chiaramente distinguere per il materiale da smaltire la destinazione più adatta tra riciclo, compostaggio o raccolta di rifiuti indifferenziati. Il consumatore, essendo informato sulla composizione della plastica, potrebbe decidere di non acquistarne una che contenga additivi considerati pericolosi per la salute, o anche solo sconosciuti.
Se si applicassero regole di questo tipo, scrivono i ricercatori delle tre università, si obbligherebbero anche le aziende a essere più responsabili e trasparenti, e a utilizzare plastiche la cui composizione sia chiara e sicura, sia quando si tratta di polimeri puri e di materiali al primo impiego, sia quando si tratta di miscele o di polimeri derivanti da riciclo.