L’Istituto Dirpolis (Diritto, Politica, Sviluppo) della Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa ha avviato il progetto che porterà allo sviluppo di un prototipo di etichettatura alimentare accessibile alle persone ipovedenti o che hanno perso del tutto l’uso della vista. Il progetto nasce su proposta dal gruppo di giovani ricercatori, studiosi dei temi legati al diritto agrario, alimentare e ambientale composto da Margherita Brunori, Silvia Rolandi, Andrea Saba, con il coordinamento di Mariagrazia Alabrese come responsabile del progetto e con la collaborazione di Elena Vivaldi, ricercatrice di Diritto costituzionale esperta in materia di diritti delle persone disabili.
La ricerca vuole arrivare a una sintesi tra un livello di informazione più immediato, basato su un sistema tattile, e uno più approfondito, veicolato da un supporto tecnologico, sviluppato dal gruppo di ricerca di Antonio Frisoli all’interno del Laboratorio di robotica percettiva dell’Istituto Tecip (Tecnologia della comunicazione, dell’informazione, della percezione) della Scuola Sant’Anna. Basta un esempio in apparenza banale, spiegano i ricercatori, per far capire con quali difficoltà possa scontrarsi una persona non vedente a casa: un barattolo di ceci o uno di passata di pomodoro possono risultare uguali al tatto, quindi come è possibile distinguerli? Anche una data di scadenza può non essere rilevata con facilità e con rapidità. La sfida tecnologica sarà garantire la ‘percezione’ di queste informazioni domestiche in maniera agevole.
Una ricerca per garantire ai non vedenti etichette comprensibili
La fase preliminare del progetto si è ormai conclusa e ha compreso interviste, focus group, questionari sugli utenti, grazie anche alla collaborazione garantita, a livello nazionale e regionale toscano, da associazioni come l’Unione italiana ciechi. Appena saranno disponibili finanziamenti ulteriori, giuristi e ingegneri andranno avanti nello sviluppo dei supporti tecnologici. Da questo progetto deriveranno soltanto vantaggi per le persone che hanno difficoltà con la vista. L’intenzione del gruppo di ricerca è sviluppare soluzioni che non incidano sul prezzo finale dei prodotti e che non impongano l’utilizzo di ulteriori imballaggi.
«Abbiamo iniziato questo progetto – spiega la ricercatrice Mariagrazia Alabrese, responsabile del progetto – perché al momento sono davvero pochi i prodotti con un’etichettatura in alfabeto braille, che non tutte le persone non vedenti conoscono. Tali etichette, inoltre, di solito contengono alcune informazioni, ad esempio la denominazione di prodotto e la data di scadenza, mentre, per fare un esempio, le indicazioni sugli ingredienti risultano assenti, anche in ragione delle dimensioni del linguaggio braille. Il nostro progetto si rivolge agli operatori del settore alimentare che potranno essere posti nelle condizioni di realizzare imballaggi ed etichette coerenti con la normativa e risultare accessibili anche alle persone con disabilità visiva».